Vendere pasta in Asia

Nonostante le diversità culturali, il mercato asiatico ha mostrato negli ultimi anni un crescente interesse nei confronti dei beni alimentari italiani, pasta inclusa. In questo articolo della nostra WEM Serena Milella, scopriamo perché vendere pasta in Asia potrebbe rivelarsi una valida scelta e come farlo.

Vendere pasta in Asia può essere per i pastifici una valida alternativa ai mercati saturi e competitivi dell’Europa.

Il mercato asiatico, soprattutto quello più ad Oriente, ha acquisito nel corso degli ultimi anni sempre più importanza per chi esporta prodotti alimentari. Il suo ampio sviluppo economico ha favorito l’avvicinamento di fasce sempre più ampie della popolazione al consumo di prodotti agroalimentari importati, per lo più di pasta.

Indice dei contenuti:

Il mercato asiatico

Fin dai tempi di Marco Polo, l’Oriente ha esercitato un certo fascino nei confronti degli occidentali. Al giorno d’oggi, però, è l’Oriente ad essere sempre più affascinato dai costumi occidentali.

Se quasi otto secoli fa quelli che noi oggi chiamiamo spaghetti erano collegati alla Cina nell’immaginario collettivo occidentale, adesso sono i cinesi, e con loro gli altri asiatici, a scoprire la pasta italiana e ad apprezzarla. 

In questo articolo ci concentreremo sui mercati del Giappone, della Corea del Sud e della Cina, che primeggiano per importazioni di pasta in Asia.

GIAPPONE
Vendere pasta in Asia

Con una popolazione di circa 126 milioni di abitanti, è l’undicesimo Stato più popoloso del mondo.

Grande potenza regionale asiatica, il Giappone ha la terza maggiore economia per prodotto interno lordo e la quarta maggiore per potere d’acquisto.

È anche il quarto maggiore esportatore ed il sesto maggiore importatore a livello mondiale. Vanta una qualità di vita molto elevata e una tra le più alte speranze di vita al mondo. 

Se hai voglia di saperne di più sul Giappone, leggi qui.

COREA DEL SUD
Vendere pasta in Asia

Un paese di tendenza, nonché vero e proprio fenomeno mediatico a livello globale, grazie ai suoi successi nella moda, nel cinema e nelle serie tv.  

La Corea del Sud è la quarta economia più grande d’Asia, l’undicesima nel mondo. Inoltre, è un paese ad alta tecnologia informatica ed è riconosciuto come settimo paese al mondo secondo l’Indice di educazione di sviluppo umano, secondo i dati ONU.  

In un nostro articolo abbiamo dato uno sguardo a questo paese in relazione alle importazioni di vino. 
Non lo hai ancora letto? Clicca QUI.

CINA
Vendere pasta in Asia

La Repubblica Popolare Cinese, con una popolazione di oltre 1,4 miliardi di persone, è il paese più popoloso al mondo.

A partire dal 1978 l’economia cinese è diventata quella dalla crescita più rapida al mondo. Negli ultimi anni è diventata la seconda economia più grande al mondo sia come PIL totale nominale, sia per parità di potere d’acquisto.

Inoltre, è il più grande esportatore ed importatore di merci al mondo.  

Se hai voglia di saperne di più sulla Cina, leggi qui.

Vediamo un po’ di dati

Il mercato asiatico non è nuovo alla tradizione e alla cultura della pasta. Famosi sono infatti i noodles asiatici, che oggi giorno possiamo trovare con frequenza anche sulle tavole degli italiani.

La “vicinanza” dei noodles ai nostri spaghetti ha sicuramente facilitato l’interesse dei consumatori asiatici alla pasta made in Italy.

Lo dimostrano i dati. 

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In base alle nostre ricerche effettuate sui dati 2021 tramite COEWEB, l’Asia ha un’incidenza totale sul quantitativo mondiale di pasta importata dell’Italia pari al 14%, posizionandosi quasi a pari merito con l’America (settentrionale, centrale e meridionale) e dopo l’Europa che, come detto, si caratterizza come mercato saturo e decisamente competitivo. 

I tre paesi insieme vanno a comporre circa la metà del quantitativo di pasta esportata dall’Italia in Asia.

Il Giappone è il paese che più importa pasta italiana con un’incidenza del 28%, a cui seguono Cina con il 14% e Corea del Sud con l’11%. 

La Corea del Sud con 1 € ha un prezzo medio di acquisto superiore a quello medio mondiale. Inoltre, ha registrato una variazione di quantitativo importato tra il 2020 e 2021 del +10%, passando da 23 milioni di kg di pasta importata nel 2020 a circa 26 milioni nel 2021. 

Nonostante la pandemia da Covid 19, i tre mercati asiatici presi in considerazione si sono tutti caratterizzati per un aumento del valore di pasta importata dall’Italia. 

Il Giappone è passato da un valore di 65 milioni € di pasta acquistata nel 2019 a uno di 66 milioni € nel 2021, la Cina da un valore di 22 milioni € nel 2019 a uno di 28 milioni € nel 2021, e la Corea del Sud da un valore di 17 milioni € nel 2019 a uno di 25 milioni € nel 2021 (+46% di crescita)

Inoltre, sempre nel 2020, nonostante il trend negativo delle importazioni dall’Italia, quelle di pasta hanno registrato un aumento, tant’è che il Giappone si posiziona tra i principali partner commerciali per l’Italia dopo l’area UE, gli Stati Uniti ed il Regno Unito

Quanto piace la pasta italiana?

Vendere pasta in Asia

La pasta italiana di alta qualità è molto apprezzata, come già detto, anche in Paesi che non condividono la stessa tradizione e/o passione per questo nostro prodotto. 

In particolar modo in Giappone sono dei grandi estimatori della nostra pasta lunga. Infatti, rappresenta la fetta più importante di import nel Sol Levante, arrivando a coprire l’83% dell’export italiano di pasta per circa 9 miliardi e mezzo di yen.
Diversamente, la pasta corta si posiziona invece al secondo posto con il 10,13% del totale (dati Istat 2020 condivisi sul sito della camera di commercio italo-giapponese). 

L’Italia nel 2020 ha coperto una quota in termini di valore del 52% circa del mercato nipponico, con un ampio distacco dai principali competitor come Turchia e Stati Uniti. 

Ciò che invece non sembra costituire attualmente un trend, o comunque una preferenza, è la pasta all’uovo assieme alle paste ripiene. 

Il motivo di questo successo della pasta italiana in Giappone?
Perchè è sia un piatto quotidiano, l’ideale per un pranzo casereccio, o anche per una pausa pranzo sul posto di lavoro, sia un piatto gourmet, da assaporare in lussuosi (e non solo) ristoranti italiani, o comunque in occasioni speciali. 

Anche in Cina l’apprezzamento della nostra pasta, in particolar modo quella di grano duro, è in continua crescita.

Definito il paese dei noodles per eccellenza, possiamo ben dedurre che la preferenza dei consumatori cinesi è orientata verso le tipologie lunghe di pasta.
Tuttavia pasta e noodles sono solo apparentemente simili, poiché la pratica dello scolare e del bollire non è cosa comune in Cina, sia per una questione di utensili che per una questione di architettura delle cucine cinesi. 

Ciò non comporta, però, un minore interesse per la pasta italiana, che viene cucinata e accompagnata con prodotti tipici della cucina orientale, quasi sempre utilizzando il “wok”, un tegame cinese versatile, utilizzato sia per cuocere a vapore che per friggere.

Troveremo raramente pasta accompagnata da salse tipiche della nostra cucina. I condimenti preferiti dai cinesi sono miele, yogurt e soia. 

Ad ogni modo, la pasta detiene il primato dei prodotti Made in Italy conosciuti e importati in Cina.

Quando si parla di Cina, bisogna sempre tenere a mente che è un grande paese, pertanto non è un mercato identico in ogni sua regione. Bisogna sempre svolgere un’analisi approfondita prima di scegliere in quale punto della Cina esportare.  

Anche in Corea la pasta italiana è decisamente apprezzata, in particolar modo quella di tipologia lunga, e i coreani stanno diventando consumatori abituali di pasta. A riprova di questo, ai nostri clienti sono state domandati prevalentemente campionature e ordini di pasta lunga, quasi sempre preferita a quella corta. 

Quali sono i documenti necessari per esportare

Se da un lato i paesi descritti in questo articolo sono accomunati dall’apprezzamento del Made in Italy, ed in particolar modo di pasta, dall’altro, in fatto di regolamentazioni e normative, sono ovviamente diversi.  

Vediamo assieme cosa è necessario sapere e di cosa è necessario disporre per poter vendere i tuoi prodotti agroalimentari in Giappone, Corea del Sud e Cina.

Giappone

Il sistema di accesso al mercato agroalimentare giapponese non è semplice e le normative che regolano l’introduzione dei prodotti sono varie.  

I documenti richiesti per vendere pasta in Giappone sono i seguenti: 

  • Dichiarazione doganale
  • Fattura commerciale in tre copie, redatta in inglese. 
  • La descrizione del processo produttivo (obbligatoria in caso di prima vendita). 
  • Elenco degli ingredienti (obbligatorio in caso di prima vendita). 
  • Un certificato d’analisi (in originale per la prima importazione) rilasciato da laboratori riconosciuti dal Ministero della Sanità giapponese.  
  • Certificato d’origine.
  • Packing list. 
  • Etichette conformi alle norme sugli standard d’etichettatura, dunque con nome del prodotto, ingredienti e additivi alimentari, paese di provenienza, metodo di conservazione ecc. 

Inoltre, nelle esportazioni il ruolo dell’importatore è di vitale importanza, poiché responsabile dell’integrità del prodotto. Nello specifico le autorità locali effettuano, a spese dell’importatore, diversi controlli sulle merci prima dell’ingresso definitivo nel Paese. 

Per le vendite in Giappone, è indispensabile l’utilizzo di imballaggi in legno (casse di legno, gabbie, pallets), trattati e marchiati secondo la normativa NIMP n. 15; questo comporta che l’imballo debba essere esposto alla fumigazione di Bromuro di Metile

Corea del Sud

I seguenti sono invece i documenti richiesti per la vendita di prodotti agroalimentari in Corea del Sud: 

  • Dichiarazione doganale.
  • Fattura commerciale in 3 copie, redatta in inglese. 
  • Certificato di origine. In merito a questo è importante registrarsi presso la dogana per richiedere il FTA (Free Trade Agreement), un codice che viene inserito in fattura e permette agli importatori coreani di eliminare i costi doganali per l’importazione proveniente dall’Europa. Per maggiori informazioni puoi leggere qui
  • Documento di trasporto e  packing  list 
  • Descrizione del processo produttivo. 
  • Etichette conformi alle norme sugli standard d’etichettatura, dunque con nome del prodotto, ingredienti e additivi alimentari, paese di provenienza, metodo di conservazione ecc. 
Cina

Per quanto riguarda invece la Cina, qui di seguito trovi i documenti necessari all’export di prodotti agroalimentari. 

  • Dichiarazione doganale. 
  • Fattura commerciale – in 3 copie, redatta in inglese. 
  • Certificato di origine. 
  • Descrizione del processo produttivo
  • Certificato sanitario del prodotto se necessario. 
  • Campionature del prodotto per testing (almeno 3).
  • Etichette conformi alle norme sugli standard d’etichettatura, dunque con nome del prodotto, ingredienti e additivi alimentari, paese di provenienza, metodo di conservazione ecc. 

Quando il prodotto arriva in dogana viene controllato dalla China Inspection and Quarantine. Se il prodotto è conforme, la CIQ emette un certificato di ispezione attestante la conformità del prodotto alle norme cinesi “Label approved”(in italiano, “etichetta approvata”).  

In caso contrario, la CIQ può ordinare la distruzione o il ritorno del prodotto nel paese dell’esportatore. 

Altro dettaglio importante riguarda la registrazione del proprio brand in Cina: non è un requisito indispensabile, ma consigliabile per avviare una esportazione continuativa. 

Noi possiamo darti una mano grazie alla partnership con RUSSO – Società internazionale di brevetti, una delle maggiori società di consulenza per la registrazione di marchi e brevetti. Per maggiorni informazioni clicca QUI.  

Come anche per il Giappone, sono indispensabili imballaggi in legno fumigato. 

L’esperienza di IAGAIN sul mercato della pasta in Asia

Vendere pasta in Asia

Uno dei nostri maggiori successi di consulenza sulla pasta è in Giappone con il pastificio pugliese Granoro.

La sua pasta riscuote un gran successo nel bel paese del Sol Levante, tanto da essere arrivati ad esportare circa 5 milioni di kg di pasta.

Il nostro cliente nipponico più importante è una delle maggiori catene di supermercato giapponese, Kobe Bussan: società quotata in borsa con circa 1.000 punti vendita in piena fase di espansione. Potremmo paragonarlo ai nostri Eurospin.

Il rapporto con Kobe Bussan risale al 2015 quando iniziammo la nostra attività di promozione del pastificio Granoro nella più totale diffidenza dei giapponesi.  

Perchè la scelta di questo matching?
Dalla nostra analisi i punti di forza dell’azienda pugliese erano – e sono tutt’ora – gli altissimi standard qualitatitivi e l’alta efficienza del loro sistema di controllo della qualità lungo la linea di produzione. Tutte variabili indispensabili per avere un interesse e un rapporto duraturo con i giapponesi, sempre in cerca di fornitori internazionali “sicuri”.

Dopo quasi un anno di promozione in cui si è cercato di mettere in evidenza in qualsiasi modo i punti di forza di Granoro, il buyer decise di fare il primo acquisto con una decina di container/anno per testare l’efficienza della fornitura.

I quantitativi sono aumentanti con il passare del tempo, ma sopprattutto con la conquista della loro fiducia. Ad oggi siamo arrivati a circa 300 container di pasta all’anno.

Che dire… non è un grande traguardo?

È decisamente importante costruire un rapporto di fiducia e mostrarsi affidabili nei confronti del cliente nipponico. Inoltre, i giapponesi danno molta rilevanza al customer service, e cercano di risolvere con precisione e prontezza qualunque problema. 

Tra i nostri suggerimenti rientra sicuramente la collaborazione con il buyer per migliorare il proprio servizio aziendale, e cercando anche di avere un approccio inclusivo nei confronti della loro cultura.

Questo vale non solo per il Giappone, ma per tutta l’Asia, in particolar modo per quella più ad oriente. 

Granoro è sicuramente una grande realtà aziendale, ma noi di Iagain abbiamo sviluppato attività in Asia orientale anche per i nostri clienti di piccole dimensioni. 

Vi riporto un esempio molto recente di attività di promozione fatta in Corea del Sud. Alcuni prodotti dei nostri clienti, tra cui la pasta dell’azienda Vallillo e dell’azienda iContadini, sono stati protagonisti di alcune masterclass organizzate da una nota chef e influencer coreana, Tina Kim.  

Vendere pasta in Asia

Stiamo utilizzando questa strategia di promozione e di penetrazione per i piccolo produttori in Corea del Sud: creare prima le basi di conoscenza da parte dei consumatori coreani per poi trovare i giusti canali di vendita.

L’intento di Tina non è solo quello di dare visibilità ai prodotti italiani, tra i quali pasta Vallillo e pasta iContadini, ma anche quello di coniugare la cucina coreana e quella italiana, optando per una sofisticata fusione delle due realtà culinarie e sensibilizzando i coreani agli usi della nostra cucina. 

Ma ancora, abbiamo avuto modo di trattare con diversi operatori asiatici, e i loro feedback sulla pasta italiana sono stati positivi e pieni di entusiasmo. Insomma, la pasta italiana si conferma come uno dei prodotti Made in Italy più graditi. 

Bisogna però tener conto che non ci si può aspettare ordini di grandi quantitativi nel giro di poco tempo, anche se sei una grande azienda ed il tuo canale di vendita è la grande distribuzione. 

Il mercato asiatico richiede molta pazienza. Bisogna prima conquistare la fiducia del buyer che scommette sulla tua azienda. Poi è necessario far conoscere il proprio brand, delinearne la personalità, così che gli asiatici possano rivedere nella tua pasta un chiaro richiamo al Made in Italy. 

Questo richiede un’attività di promozione costante e durata nel tempo, oltre che alla dovuta conoscenza dei mercati e delle culture asiatiche. Un’azione spot o casuale non porterà ad alcun risultato, soprattutto nel lungo periodo.

Con il nostro aiuto potrai capire se la tua azienda è pronta per il mercato asiatico prima di fare mosse ed investimenti azzardati.

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